Il labirinto delle maternità incompatibili.

Il labirinto delle maternità incompatibili.

Un problema poco conosciuto, finché non lo sperimenti sulla tua pelle: se hai due lavori, e due diversi enti di previdenza, potrai ricevere l’indennità di maternità soltanto da uno.

E va bene, che problema c’è?

Il problema è che l’indennità di maternità viene calcolata sul reddito. Ma se viene corrisposta da un solo Ente di Previdenza, verrà calcolata soltanto sul reddito dichiarato a quell’Ente, non sul reddito complessivo della persona.

Il caso paradossale, ma non così raro, è la libera professionista che ha anche un contratto di lavoro da dipendente part-time per poche ore la settimana. In questo caso non potrà ricevere due indennità di maternità: ne riceverà una sola, dall’INPS, calcolata sul solo reddito del lavoro dipendente. L’intero reddito libero professionale, spesso corposo, non verrà considerato ai fini dell’indennità di maternità perché al secondo Ente di Previdenza non è consentito erogarla.

Si chiama ‘Principio di Incumulabilità’, ed è una specie di fossile dell’era fantozziana, quando si aveva un lavoro principale.

UNA REGOLA ANTICA. Il razionale giuridico va ricercato nel D.Lgs 151/2001. Che recita testualmente:

Art. 71, comma 2 – La domanda, in carta libera, deve essere corredata da (…) dichiarazione (…) attestante l’inesistenza del diritto alle indennita’ di maternita’ di cui al Capo III e al Capo XI.

Tradotto, significa che occorre dichiarare di non avere indennità di maternità da dipendente o lavoratrice autonoma. Se c’è, l’Ente di Previdenza non può erogare indennità.

LA CASSAZIONE CONFERMA. Purtroppo, il dettato di norma – che letto così parrebbe ambiguo – ha trovato conforto in una sentenza della Cassazione (Cass., Sez. Lavoro, 17 giugno 2013, n. 15072). E’ spiegata bene in questo articolo pubblicato da CASSA FORENSE.

PERCHE’? il razionale sociale lo esplicita proprio la Cassazione: l’indennità di maternità non serve per sostituire il reddito, ma “serve ad assicurare alla madre lavoratrice la possibilità di vivere questa fase della sua esistenza senza una radicale riduzione del tenore di vita che il suo lavoro le ha consentito di raggiungere e ad evitare che alla maternità si ricolleghi uno stato di bisogno economico“.

UN PRINCIPIO AL PASSO CON I TEMPI? No, decisamente no. Questo principio rispecchia un periodo storico in cui si svolgeva un lavoro principale, ed eventualmente qualche spicciolo secondario. Ragion per cui era opportuno non erogare doppie indennità per non gravare troppo la collettività di spese.

Ma oggi non è più così. Oggi spesso i lavori sono due, e di pari importanza reddituale: libera professione e un contratto part-time di poche ore, per seguire l’esempio di prima.

CI RESTA SOLO LA SPERANZA? Io su questo argomento non vedo molta consapevolezza o azione politica. Anche all’interno del mondo degli enti di Previdenza. In ENPAP abbiamo l’83% di iscritte donne e il 30% di doppie iscrizioni ad enti di previdenza, il problema è sentito e prospettato spesso e volentieri ai decisori politici. ENPAP da solo può fare ben poco, se la sua azione non si accompagna ad un’azione collettiva delle molte cittadine che inciampano in questo problema ogni anno.

Non resta solo la speranza.