
Polizze vita: come valutarle? il caso di una collega.
Una collega mi scrive perché ha sottoscritto una polizza assicurativa, versando i 50.000 Euro di un lascito. Il promotore ha fatto leva su fattori psicologici: ‘garantirà rendimenti ben superiori a quelli dell’ENPAP, e non è obbligatoria‘, e anche ‘darai una sicurezza ai tuoi figli nel caso ti succeda qualcosa‘. Ma poi… una sgradevole sorpresa.
Al primo estratto conto, la collega si è trovata 47.000 euro e spicci, invece che i 50.000 versati. E leggendo insieme il contratto, altre sorprese. Di comune accordo, abbiamo pensato che la sua esperienza potesse essere utile, e così ne ho fatto questo articolo.
Il caso è assolutamente reale. Userò uno pseudonimo per la compagnia, che è abbastanza famosa, ma per il resto l’articolo è basato sulle vere condizioni contrattuali di una polizza realmente sottoscritta. E non si tratta di un caso isolato, il classico ‘bidone’: di casi simili è pieno il mondo delle banche e delle assicurazioni.
LA LEVA PSICOLOGICA
Il promotore ha fatto leva su fattori psicologici: i figli da proteggere, l’investimento ‘sicuro’, il risentimento della professionista verso l’ENPAP a cui è costretta a versare i soldi. E poi ha presentato il prodotto: ha parlato di rendimento elevato, di investimenti sicuri, di protezione, di convenienza ‘rispetto all’ENPAP’.
Questo ultimo punto mi ha colpito: il raffronto con ENPAP. Negli anni vari colleghi mi hanno scritto mail del tipo: ‘piuttosto che versare all’ENPAP è meglio una polizza/fondo pensione/investimento’. In queste valutazioni spesso alberga il risentimento per essere costretti a versare soldi a chi non hanno scelto. Ci sta. Ma questo non deve annebbiare la vista e il ragionamento: spesso i promotori usano questo ‘punto debole’ per piazzare prodotti, attraverso un confronto che è sbagliato alla base.
PER CHIAREZZA: QUATTRO TIPI DI RISPARMIO NON PARAGONABILI FRA LORO
- gli Enti di previdenza obbligatori servono sia a risparmiare che a garantire la collettività: si obbliga il lavoratore a risparmiare almeno un minimo, e lo si obbliga a metterlo in un salvadanaio teoricamente più sicuro, perché soggetto a controllo statale e con rendimento minimo stabilito per legge.
- I Fondi Pensione servono a risparmiare per integrare la pensione: sono una scelta personale, e hanno l’obiettivo di arricchire la pensione di base. Lo stato incentiva questo tipo di risparmio attraverso agevolazioni fiscali, e svolge un attento monitoraggio per proteggere il risparmio.
- Le polizze-vita sono forme di investimento volontario che in più coprono il rischio-morte di chi le sottoscrive. Spesso hanno altri vantaggi: se sono del tipo impignorabile e insequestrabile possono servire per ‘passare l’eredità’ senza che il patrimonio conferito sia aggredito dai creditori o tassato. Si tratta di prodotti complicati per il normale risparmiatore, e ben poco ‘protetti’ dalla vigilanza statale. Possono sembrare sicuri, ma spesso nascondono forme di investimento esposte ai rischi di mercato.
- Gli investimenti (BTP, obbligazioni, azioni, fondi) sono a tutti gli effetti delle attività affaristiche sul libero mercato, con tutti i rischi connessi. Non c’è protezione alcuna dal rischio, che è tutto a carico dell’investitore.
[ne ho già parlato in questo articolo: Il monopolio delle casse obbligatorie]
LA VERA NATURA DELLA POLIZZA: E’ UN BIDONE?
Quello che ha sottoscritto la collega è una polizza-vita. Dovrebbe quindi servire a indennizzare la persona in caso di morte. Uso il condizionale, perché scopriremo che non è del tutto vero. E’ distribuita da una notissima compagnia che chiameremo ‘BANCA AMICA’. La collega mi invia il contratto – liberamente consultabile al pubblico – di cui citerò gli articoli al bisogno.
La durata contrattuale è… tutta la vita: versi i soldi e li devi lasciare finché muori. Certo, è prevista la possibilità di riscattare i soldi versati, ma solo dopo sei mesi dalla sottoscrizione. In questo caso non sono previste penali di uscita, ma ho visto prodotti con l’1% di commissione di riscatto.
Di base è un prodotto assicurativo: si paga un premio in denaro, per avere un indennizzo se si realizzano alcune condizioni. L’unica condizione protetta qui è il caso-morte dell’assicurato: la compagnia pagherà ai beneficiari o agli aventi diritto un indennizzo nel caso in cui l’assicurato muoia (art. 1 del contratto).
Ma c’è una condizione che lo rende simile ad un investimento finanziario: l’articolo 1 e l’articolo 8 dicono che l’indennizzo in caso-morte o riscatto sarà “(…) correlato al valore delle quote/azioni” dei fondi in cui vengono investiti i soldi versati, e quindi “potrebbe essere inferiore a questi ultimi“.
In pratica, se muori ti restituiscono i soldi che gli hai versato tu, al valore che avranno in quel momento. E per farlo, ti fanno pure pagare delle spese [commissioni].
Ti restituiscono quel che resta del capitale che gli hai versato, perché nel frattempo loro lo investono e se va male, il rischio è in capo al contraente, che incassa le perdite.
MA ALLORA DOVE SONO INVESTITI I SOLDI?
Domanda lecita, perché qui non siamo più nel campo delle assicurazioni: entriamo in quello degli investimenti. Il contratto (articolo 11) dice che per almeno il 60%, i soldi stanno in prodotti finanziari della stessa ‘BANCA AMICA’. Questo significa che lo stesso gruppo che vende la polizza, per contratto ti fa investire almeno il 60% di quello che versi nei suoi prodotti, avvertendoti che se gli investimenti vanno male, ti restituiranno meno soldi.
Nel caso della collega, la specifica scelta di investimento è abbastanza infelice: invece di diversificare in più fondi, il promotore di BANCA AMICA ha scelto per lei un unico fondo comune di tipo obbligazionario, su cui ha piazzato tutti i soldi: va male quello, va male tutto.
MA ALLORA L”INDENNIZZO IN CASO DI MORTE?
Con l’assicurazione auto è facile: pago alla mia compagnia assicurativa 500,00 euro l’anno di premio, ma se causo un sinistro lei pagherà tutto il danno che ho causato, fino al massimale: pure 1 milione di euro, se serve.
Qui è diverso: l’indennizzo non è in proporzione al danno ma ai versamenti. Lo dice l’articolo 8 del contratto: in caso morte sotto i 50 anni (la collega ne ha attualmente 43), l’assicurazione paga un indennizzo pari al controvalore delle quote versate, incrementato dello 2,50% del valore. In caso di morte ad età più elevata, il premio si riduce fino allo 0,10% del premio pagato.
In pratica, ti danno gli stessi soldi che gli hai dato tu, incrementati del 2,50%, sulla base però del valore di mercato dell’investimento. Se gli investimenti stanno perdendo il 10%, i figli riceveranno il capitale versato, ridotto del 10% e aumentato del 2,5% sul valore che resta.
E LE SPESE?
Tutto questo non è gratis: la collega se ne era già accorta da sola, quando mordendosi le labbra ha detto ‘il promotore si è preso pure le commissioni in anticipo’. Scopro così che sui 50.000 euro versati, il promotore ha trattenuto il 3% a titolo di commissioni. ‘Ma sono le uniche spese, queste’ mi garantisce la collega.
In realtà, non sono le uniche spese. Infatti il contratto prevede:
- 3% spese di ingresso: paghi per entrare nella polizza (articolo 18). Le uniche spese di cui la collega era cosciente. Su 50.000 euro sono 1.500 euro.
- 1,75% di commissione di gestione annua per l’attività di salvaguardia e monitoraggio (articolo 18). All’articolo 13 del contratto leggiamo che questa attività si esplica nel monitorare – nell’interesse del cliente – gli investimenti. Ma chi è che gestisce l’investimento? almeno per il 60% è sempre ‘BANCA AMICA’ (articolo 11 del contratto). Sarebbe come se l’impresa di pulizie del condominio in cui vivo mi facesse pagare una quota aggiuntiva per dare una controllata dopo che hanno pulito e vedere se hanno fatto bene. Su 50.000 euro, parliamo di 875 euro l’anno.
- 0,83% annui per la gestione del Fondo Comune in cui i soldi sono investiti, oltre a 100 euro di feed di ingresso. Si tratta di un fondo che contiene obbligazioni. Sui 50.000 euro investiti, parliamo di 415 euro l’anno, e 100 euro iniziali. Da notare che queste commissioni vengono pagate comunque, anche se il fondo perde: l’investitore paga comunque il servizio di gestione.
INSOMMA, COSA HA COMPRATO LA COLLEGA?
Se dovessi descriverlo in poche righe, direi che ha acquistato:
- quote di un normale fondo di investimento
- con il vincolo di rimanere investiti per almeno sei mesi (periodo minimo per il ‘riscatto’, ovvero per chiedere indietro i soldi), quando normalmente si esce quando si vuole;
- con il vincolo aggiuntivo di poter investire con altri gestori solo il 40% dei propri soldi, se volesse cambiare investimenti;
- pagando sia le commissioni di un fondo di investimento, che quelle di gestione di una polizza, che le commissioni di ingresso di entrambi;
- con una speranza di indennizzo in caso-morte, che è il sinistro assicurato, pari al massimo a 2,5% del valore del capitale al momento della morte. Tanto per fare due conti, solo di commissioni di ingresso si paga il 3% e poi ogni anno l’1,75%, per cui l’indennizzo viene letteralmente divorato alla stipula del contratto. In caso di riscatto anticipato, all’indennizzo ovviamente si rinuncia e quindi diventa a tutti gli effetti un investimento in un fondo comune.
- con il vantaggio di insequestrabilità e impignorabilità delle prestazioni, che è forse il solo motivo per cui converrebbe sottoscrivere – in caso di necessità – un prodotto con queste caratteristiche. Ma per beneficiare del vantaggio occorre morire, ecco.
La collega è rimasta abbastanza stupita: pensava di aver comprato una polizza vita con un buon indennizzo in caso di morte, e allo stesso tempo di aver investito ‘in modo sicuro’. Non aveva nemmeno messo in conto di correre il rischio di perdere parte del capitale versato.
Se il cliente non ha compreso il prodotto, di chi è la responsabilità? mi piace pensare che esistono ancora consulenti e promotori onesti, che ti aiutano a trovare la migliore soluzione per le tue necessità e sanno benissimo che non potrai comprendere fino in fondo un prodotto, perché spesso è complicato. E quindi ti deve essere spiegato bene. Purtroppo questi casi mostrano altre realtà.
C’è un fattore psicologico molto interessante: questa tipologia di prodotti è stata “spinta” molto dopo la crisi dei mercati finanziari iniziata nel 2001, in cui l’investitore medio è rimasto “scottato” dai prodotti finanziari. Il motivo del successo di questi prodotti si trova principalmente nell’ignoranza e nella buona fede di chi li acquista, che si fida dell’idea che essendo una polizza funzionerà come un’assicurazione, cioè “mi assicurerà qualcosa” (un rendimento?). In realtà, spesso, l’unica certezza di questi prodotti sono i costi per il cliente e il rendimento, quello sì, per la banca o la compagnia assicuratrice.
Se posso permettermi al momento l’unico investimento buono sono le polizze !!e’vero si paga una commissione del 3% ma sono anni ormai gli unici prodotti che stanno rendendo dal 2,60 e alcune anche il 3,50…poi puoi farci dei versamenti aggiuntivi dopo i primi 6 mesi e qui non paghi nessuna commissione!!
Posto che non ritengo possibile valutare che una intera categoria di investimenti (‘le polizze’) possa essere considerata come l’unico investimento ‘buono’, dato che i prodotti sono del tutto eterogenei fra loro e che la bontà di un investimento dipende dagli obiettivi personali, potrebbe essere più preciso nell’indicare i prodotti a cui si riferisce? da anni mi sento dire che ‘le polizze’, ‘i fondi’, ‘le azioni’ sono ‘il miglior investimento’ e poi quando chiedo di vedere il prodotto, nessuno me lo indica.
In finanza come in ogni scelta, alla fine la valutazione si fa sul prodotto e sui propri obiettivi: io non valuto ‘i prosciutti’ in astratto, ma se il Prosciutto di San Daniele è adatto da servire agli ospiti in una merenda al parco per il compleanno di mio figlio.