gli agrotecnici aumentano il rendimento. sarà vero?
La cassa degli Agrotecnici e dei periti agrari gioca la carta del rigore, meglio di un maestro shaolin: ha deciso di aumentare il rendimento obbligatorio dei montanti contributivi. In pratica, dovrebbero essere aumentati del 50% i rendimenti dei conti personali degli iscritti rispetto al rendimento stabilito ogni anno dallo stato sulla base della media dell’incremento del PIL dei cinque anni precedenti.
Una mossa che mette in scacco tutti: porterebbe un vantaggio indubbio agli iscritti, sarebbe segno di impegno per una gestione sempre più virtuosa del patrimonio, e costituirebbe un precedente per le altre casse, con cui fare necessariamente i conti.
Ma tutto si giocherà sul tavolo dei ministeri vigilanti, e in questo i vertici ENPAIA rischiano poco: peggio che vada, la colpa della mancata applicazione del provvedimento sarà dei ministeri dell’Economia e del Lavoro!
Se invece questa delibera diventasse applicabile, nessuna cassa potrebbe più sottrarsi alla necessità di confrontarsi con un aumento dei rendimenti da destinare agli iscritti. Ritengo che l’esito della faccenda sia molto dubbio, perché la Legge 335/1995 è abbastanza chiara sui rendimenti:
Articolo 1, comma 9: Il tasso annuo di capitalizzazione è dato dalla variazione media quinquennale del prodotto interno lordo (PIL) nominale, appositamente calcolata dall’Istituto nazionale di statistica (ISTAT), con riferimento al quinquennio precedente l’anno da rivalutare. In occasione di eventuali revisioni della serie storica del PIL operate dall’ISTAT i tassi di variazione da considerare ai soli fini del calcolo del montante contributivo sono quelli relativi alla serie preesistente anche per l’anno in cui si verifica la revisione e quelli relativi alla nuova serie per gli anni successivi.
Non si dice “almeno”, “al minimo” o cose simili. Si dice “è dato”, per cui temo che l’operazione non riesca a produrre un risultato concreto. Ma se invece all’ENPAIA riuscisse di aumentare il rendimento garantito agli iscritti, per tutte le casse si porrebbe un grosso problema: fare come gli agrari, oppure accontentarsi di rivalutare al minimo?
Questo l’articolo: Non tutto è crisi
Non tutto è crisi
La Cassa previdenziale degli Agrotecnici aumenta del 50% la rivalutazione dei contributi
di C. S.
Il dibattito recente sulla previdenza è caratterizzato da elementi nessuno dei quali positivi: l’aumento delle aliquote previdenziali (quelle della Gestione “parasubordinati”, ad esempio, già aumentate al 27% arriveranno presto al 33%), l’allungamento dell’età di pensione, la riduzione delle prestazioni future, l’insufficienza del tasso di sostituzione.
Per le Casse dei liberi professionisti è inoltre arrivato come un macigno la riforma del Ministro Elsa Fornero che, con lo strumento del decreto legge, ha imposto, nel breve volgere di qualche mese, di passare da una sostenibilità per 30 anni ad una sostenibilità garantita a 50 anni, creando logiche difficoltà nel raggiungimento di un obiettivo così ambizioso.
Eppure in un contesto così problematico, esiste una “isola felice” rappresentata dalla Cassa previdenziale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati (inclusa nella Fondazione ENPAIA). Per quanto sia probabilmente la più piccola fra le Casse di previdenza dei professionisti, forse proprio per le sue limitate dimensioni realizza più di una eccellenza.
Ad esempio la tematica della sostenibilità a 50 anni per gli Agrotecnici è irrilevante; il problema, sulla pelle della loro previdenza, scivola via come acqua sui sassi, posto che la Cassa già ora garantisce una sostenibilità “all’infinito”, come certificato dal Nucleo di Valutazione della Spesa Previdenziale del Ministero del Welfar che, nella sua relazione datata 28 ottobre 2009, nell’esaminare lo sviluppo futuro delle Casse private italiane ed in particolare l’anno in cui esse (ove non adottino interventi correttivi) avranno un saldo previdenziale negativo, alla riga riservata alla Cassa Agrotecnici non indica una data ma (caso unico) la parola “MAI”. Siamo dunque in presenza, ad avviso del Ministero vigilante, di una Gestione dall’orizzonte infinito, per somma tranquillità dei suoi iscritti.
Il bilancio consuntivo 2011, chiuso pochi giorni fa conferma (in barba alla crisi) lo stato di buona salute: utile di esercizio di oltre 200.000 €; rendimento degli investimenti del + 3,85%; incremento degli iscritti, al netto dei cancellati del + 1,98%; incremento del fatturato del +2,54 % sull’anno precedente.
Del resto la serie storica 1998 (data di istituzione della Gestione previdenziale)-2011 dei rendimenti finanziari ottenuti, dimostra come questi siano sempre stati (escluso un solo anno) superiori alla rivalutazione dei contributi previdenziali (nella misura prevista per legge), dove il surplus è stato accantonato in un apposito fondo di riserva, con l’ulteriore effetto di disporre di un patrimonio sempre superiore agli impegni del Fondo previdenziale nei confronti degli assicurati. Dunque gli Agrotecnici hanno prudentemente messo via “fieno in cascina” per qualunque futura evenienza.
Del resto la Cassa previdenziale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati, presieduta da Carlo Siciliani e con il Comitato Amministratore coordinato da Alessandro Maraschi, è a “contributivo puro”, come il Ministro Fornero vorrebbe fossero tutte le Casse previdenziali dei liberi professionisti.
Ma la vera originalità della Gestione previdenziale degli Agrotecnici si può misurare dal modo in cui gli Amministratori hanno affrontato il problema del “tasso di sostituzione” (problema centrale per chiunque), incentivando l’aumento del versato, che ora sconta una aliquota minima ora pari al 10%, ma escludendo di aumentare questa percentuale ed invece puntando sull’attrattività della Gestione e sulla volontarietà dell’aumento delle aliquote.
Con l’ultima revisione del Regolamento previdenziale sono infatti state istituite aliquote contributive superiori (dal 12% al 26%) che gli iscritti possono liberamente scegliere di utilizzare e, pur se in presenza di una opportunità nuova e nel mezzo di una crisi economica senza precedenti, nel 2011 il 4% degli iscritti ha imboccato questa strada. Sono stati poi previsti meccanismi vari di ricostruzione della carriera previdenziale per gli anni di esercizio professionale non coperti da previdenza (l’Albo degli Agrotecnici è stato istituito nel 1986, le previdenza 10 anni dopo), per il riscatto della laurea e del tirocinio professionale.
Infine, da ultimo, l’azione più importante, recentemente deliberata dal Comitato Amministratore: l’aumento della rivalutazione annuale dei contributi versati. Che consentirà ai “previdenti” Agrotecnici di avere pensioni più elevate.
Partendo dal presupposto che il montante previdenziale si determina moltiplicando i contributi versati per il tasso di rivalutazione determinato dall’ISTAT (sulla base del PIL del quinquennio precedente), appare evidente che tanto più questo tasso sarà alto, tanto maggiori saranno le future pensioni.
Il tasso ISTAT è stabilito in misura identica per tutte le Gestioni previdenziali e, complice la stagnazione dell’economia nazionale, esso è relativamente basso.
Ebbene, con una delibera adottata il 12 aprile scorso (e che, nei prossimi giorni, il direttore dell’ENPAIA, Gabriele Mori, invierà ai Ministeri vigilanti per l’approvazione) il Comitato Amministratore ha deliberato di procedere ad una rivalutazione dei contributi in misura del 50% superiore a quella stabilita dall’ISTAT, con grande beneficio dei “previdenti”, i quali vedono così passare il tasso di rivalutazione del 2011 dal 1,6165% (tasso ISTAT) al 2,42475%.
Un aumento rilevantissimo che, sviluppato nel tempo futuro (e se mantenuto anche negli anni a venire) farà la differenza. E probabilmente introduce anche elementi di concorrenza fra le diverse Gestioni previdenziali degli Albi professionali: infatti chi sceglierà quello degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati potrà contare su pensioni più alte (rispetto alle Gestioni che si limitano a dare il minimo di legge).
Come detto, per essere operativa, la decisione dell’aumento deve però scontare ancora un passaggio “tecnico”, l’autorizzazione dei Ministeri vigilanti: si tratta infatti della prima volta in assoluto che una Cassa di previdenza chiede di incrementare la pensioni più di quanto dovuto e serve perciò il placet governativo. Ma non si riesce neppure ad immaginare come il Governo possa eventualmente negarlo, negare cioè la possibilità di migliorare (senza costi per lo Stato) le prestazioni ad una categoria di cittadini che danno prova di sapersi auto-amministrare assai meglio di tanti altri.
Molto soddisfatto della decisione Roberto Orlandi, Presidente del Collegio Nazionale degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati, il quale ha sottolineato come la maggiore rivalutazione dei contributi previdenziali degli iscritti nell’Albo rappresenterà un elemento di concorrenza nel settore delle professioni, perchè in futuro, fra gli Albi simili, i giovani laureati preferiranno quelli che offrono loro più opportunità e migliori condizioni.
Dunque l’azione della Cassa di previdenza si sposa perfettamente con quella sinora realizzata dall’Albo e che ha fatto diventare quello degli Agrotecnici e degli Agrotecnici laureati il primo, nel proprio settore, come numero dei candidati agli esami abilitanti.
Con il recente ingresso nella professione anche dei Biotecnologi e dei Naturalisti (avvenuto nel 2011), ha infine ricordato Orlandi, sono state gettate le basi per la nascita di una nuova categoria ordinistica, già battezzata dei “Colletti Verdi”.
Ma il Regolamento della Cassa di Previdenza degli Agrotecnici prevede questa eventualità, e cioè che ci si possa discontare dal PIL!
Dunque, per fare, si può fare: la parola ora alla Fornero. Ma come potrà dire di no?
Gentilissimo,
sappiamo che il regolamento da solo non basta, e quindi la parola è ai ministeri vigilanti. Io spero ardentemente che la vostra delibera sia approvata: sarebbe un passaggio che non esito a definire storico per la possibilità di aumentare la rivalutazione dei montanti a misura di categoria, e non di un paese in recessione che costringe alla recessione anche le pensioni dei liberi professionisti.
E soprattutto sarebbe un precedente importante: le altre casse, compresa quella degli psicologi, non potrebbero non affrontare la medesima questione.