Fondi pensione più trasparenti per legge. Limiti stringenti agli immobili.
I fondi pensione dovranno darsi nuovi e più stretti limiti di investimento, per limitare i rischi. Fra le nuove regole, l’obbligo di diversificare i gestori e limiti nell’investimento immobiliare, considerato rischioso. A quando le casse dei professionisti?
[Fonte: EticaNews]
Fondi pensione più trasparenti per legge.
Per i fondi pensione scatta per legge la buona governance. E, soprattutto, scatta la fuga dalla bolla immobiliare. Dal momento della entrata in vigore dello Schema di regolamento ministeriale attualmente in preparazione, ci saranno 18 mesi di tempo a disposizione dei gestori della previdenza alternativa per adeguarsi alla stretta su criteri di gestione e trasparenza. Si tratta del provvedimento di attuazione dell’articolo 6, comma 5-bis, del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n. 252, recante norme sui criteri e i limiti di investimento delle risorse dei fondi pensione e sulle regole in materia di conflitti di interesse. A fine giugno scadeva la fase di consultazione. E proprio da alcune indicazioni inviate al ministero, di cui ET. è venuta in possesso, emerge la criticità della situazione. Emerge, in particolare, che il regolamento dovrà confrontarsi con un modello previdenziale che ha (ormai) già messo a repentaglio quote enormi delle pensioni dei risparmiatori, collocandole nella potenziale fornace del mattone.
Il regolamento
Nella sostanza, il regolamento, dopo aver enunciato i principi della corretta gestione (che va esercitata «nell’interesse degli aderenti e dei beneficiari»), affronta il tema del bilanciamento dei rischi e del controllo dei conflitti di interesse. La stretta riguarda i limiti. Intanto, «il portafoglio del fondo pensione – si legge – è investito in misura prevalente in strumenti finanziari negoziati nei mercati regolamentati». Quindi, da un lato si cerca la garanzia del mercato pubblico. Dall’altro, si spingono gli stessi fondi pensione a sostenere una Borsa in asfissia da un paio d’anni. Se un gestore ha deciso altrimenti, o vorrà decidere altrimenti, dovrà fare i conti col fatto che «l’investimento in strumenti finanziari non negoziati nei mercati regolamentati è contenuto in ogni caso entro il limite del 30% del patrimonio».
Quindi, l’obbligo di diversificare: «I fondi pensione non investono più del 5% del patrimonio in strumenti finanziari emessi da uno stesso soggetto e non più del 10% del patrimonio in strumenti finanziari emessi da soggetti appartenenti a un unico gruppo».
Infine, i tetti imposti in relazione al peso assunto nell’oggetto dell’investimento: «L’investimento in fondi chiusi e fondi alternativi (come quelli immobiliari, ndr) è contenuto entro il limite del 20% del patrimonio del fondo pensione e del 25% del valore del fondo chiuso o alternativo».
Infine, vengono dedicati ben due articoli (su 10 totali) a evidenziare i rischi di conflitto di interesse tra chi gestisce il fondo e il fondo stesso. Delineando linee di comportamento generali per attenuarne la portata. In particolare, è stato introdotto l’obbligo di formulare per iscritto e di rispettare un’efficace politica di gestione dei conflitti, adeguata alle proprie dimensioni e alla dimensione e alla complessità della propria attività. Nel caso in cui le misure prese non siano in grado di evitare un danno agli aderenti, i fondi pensione sono obbligati a comunicare tali circostanze agli aderenti. In caso di operazioni con parti correlate, i fondi pensione dovranno, inoltre, illustrare, nella relazione al bilancio, gli obiettivi perseguiti e i possibili conflitti di interesse.
Le pensioni in una fornace
Ciò che il Regolamento cerca di affrontare, appare particolarmente fuori controllo per quanto riguarda gli investimenti dei fondi pensione nel campo dell’immobiliare. A sua volta in pieno pericolo di esplosione della bolla.
Lo testimonia la relazione dell’Istituto Italiano di Valutazione Immobiliare (Isvi), inviata a Roma nella fase di consultazione appena conclusa. «I fondi chiusi italiani – scrive l’Isvi al ministero – in particolare quelli non quotati, possono non essere coerenti con l’esigenza di trasparenza e comprensione del rischio sottostante richiesti dalla normativa dei fondi pensioni. La governance di un fondo riservato non si confà generalmente alle prescrizioni richieste dalla bozza in consultazione e dalla sua ratio in merito a trasparenza, comprensione dei rischi e modalità di uscita dallo strumento».
Questa mancanza di trasparenza si è già tradotta in situazioni borderline. In primo luogo sono completamente sbilanciate le esposizioni: «Alla fine del 2011 – Isvi cita Banca d’Italia – la quota del patrimonio netto dei fondi sottoscritta dagli enti previdenziali, sia pubblici sia privati, rappresentava il 22 per cento del patrimonio dei fondi immobiliari. Sono state sottoscritte quote di 50 fondi, gestiti da 20 SGR specializzate;in circa il 40 per cento dei casi gli enti costituiscono l’unico partecipante del fondo». Sono proporzioni da capogiro. Significa che la previdenza è investita in un quarto del mattone nazionale controllato dalle sgr, e che in poco meno che nella metà dei casi, i pensionati sono di fatto i soli proprietari del fondo immobiliare.
Questo, a fronte dell’ormai conclamata situazione di allarme per il real estate, porta l’Isvi a ritenere non immune da colpe chi doveva agire da garante: «L’esperto indipendente – scrive l’istituto – che avrebbe dovuto essere il “gatekeeper” del mercato, non ha svolto appieno il proprio ruolo per diverse motivazioni che non è qui il luogo di ripercorrere». Per tentare di impostare un modello che possa funzionare, l’Isvi suggerisce di rendere «l’esperto indipendente responsabile verso i terzi ed, in particolare, verso lo stesso fondo pensione ed i suoi iscritti».
Insomma, visto che si comincia a disinnescare una nuova bomba, che non si tenti di dimenticare (come pare avvenuto con le banche) le responsabilità di chi l’ha innescata. E, soprattutto, la si persegua per legge.