La pubblicità dei professionisti è libera.

La pubblicità dei professionisti è libera.

L’argomento è importante e delicato: fino a dove possiamo spingerci come professionisti per pubblicizzare la nostra attività?

OGGI: LIBERI TUTTI. Le restrizioni esistenti in passato sono cadute: la nostra situazione è diventata molto simile a quella di qualunque impresa commerciale. Il quadro attuale è abbastanza recente: la prima spallata proviene dal c.d. decreto Bersani, il Decreto Legge 226/2006, e lo smantellamento definitivo è consacrato dal Decreto Legislativo 138 del 2011, che non potrebbe essere più chiaro:

DLgs 138/2011 – TITOLO II – art. 3 comma 5 lettera g)

g) la pubblicità informativa, con ogni mezzo, avente ad oggetto l’attività professionale, le specializzazioni ed i titoli professionali posseduti, la struttura dello studio ed i compensi delle prestazioni, è libera. Le informazioni devono essere trasparenti, veritiere, corrette e non devono essere equivoche, ingannevoli, denigratorie.

5-bis. Le norme vigenti sugli ordinamenti professionali in contrasto con i principi di cui al comma 5, lettere da a) a g) sono abrogate con effetto dalla data di entrata in vigore del regolamento governativo di cui al comma 5 e, in ogni caso, dalla data del 13 agosto 2012.

Il nuovo orientamento è stato poi ribadito dal DPR 137/2012, all’articolo 4 comma 1, il cui testo in sostanza ricalca quello del D.Lgls. 138/2011.

NULLA OSTA DELL’ORDINE? Non è più previsto: la normativa dice che (1) la pubblicità dei professionisti è libera, a patto che sia veritiera (2) ogni norma sugli ordini professionali che sia in contrasto, è abrogata. Questo significa – ad esempio – che nessun professionista è più tenuto ad inviare i propri materiali pubblicitari all’Ordine di appartenenza, per la verifica o il vecchio ‘Nulla Osta’ che fino al 2006 era ancora richiesto: la normativa in vigore non prevede nulla del genere.

Questo non ci impedisce di chiedere pareri al nostro Ordine di appartenenza, se non siamo sicuri del messaggio pubblicitario che intendiamo usare. Ma dobbiamo sapere che l’Ordine non è tenuto a darci alcuna autorizzazione, e che noi non siamo obbligati a chiederla.

IL DECORO: SEMBRA FACILE. Il tema del ‘decoro’ è di natura squisitamente deontologica: sono moltissime le professioni che nel proprio Codice Deontologico prevedono che la pubblicità debba essere ispirata a principi di decoro professionale. Sembra facile, ma non lo è.

Sul decoro si sono consumate battaglie. Quella dei medici è emblematica, quanto quella degli avvocati. Ma iniziamo da noi.

PSICOLOGI: UN CODICE DA RIVEDERE. Per gli psicologi, l’articolo del Codice è il 40:

CODICE DEONTOLOGICO PSICOLOGI – Articolo 40. Indipendentemente dai limiti posti dalla vigente legislazione in materia di pubblicità, lo psicologo non assume pubblicamente comportamenti scorretti finalizzati al procacciamento della clientela. In ogni caso, può essere svolta pubblicità informativa circa i titoli e le specializzazioni professionali, le caratteristiche del servizio offerto, nonché il prezzo e i costi complessivi delle prestazioni secondo criteri di trasparenza e veridicità del messaggio il cui rispetto è verificato dai competenti Consigli dell’Ordine. Il messaggio deve essere formulato nel rispetto del decoro professionale, conformemente ai criteri di serietà scientifica ed alla tutela dell’immagine della professione. La mancanza di trasparenza e veridicità del messaggio pubblicizzato costituisce violazione deontologica.

Già ad una prima occhiata, il testo del nostro Codice Deontologico sul tema della pubblicità è molto conservatore. Ed è evidentemente un testo pre-D.Lgs. 138/2011. Tenendo conto che anche altre professioni stanno aggiornando i loro codici, a suon di sanzioni dell’Antitrust e di revisioni delle norme istitutive, credo che prima o poi anche per gli psicologi arriverà il momento di mettere nuovamente mano al Codice Deontologico. Sul decoro infatti si è giocata una partita molto importante per i medici, e se ne sta giocando una per gli avvocati.

MEDICI E DECORO: SANZIONE DA 831.000 EURO, POI DIMEZZATA. Il caso dell’Ordine dei Medici è emblematico dell’orientamento attuale italiano ed europeo in tema di decoro. La vicenda nasce da una delle tante pubblicità su Groupon fatta da medici. Ne nasce un procedimento deontologico, e da qui un ricorso all’Autorità garante per il Mercato e la Concorrenza, meglio nota come antitrust. La condanna è pesante: 831.000 mila euro alla Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici e Odontoiatri per aver applicato restrizioni ingiustificate sulla pubblicità dei professionisti iscritti. In seguito, l’Ordine Medici ricorre al TAR e la sanzione viene dimezzata. Ma la sostanza non cambia: all’Ordine Medici viene contestato il fatto che nel Codice deontologico continuano a permanere norme restrittive in materia di pubblicità, pur avendo tolto la parola ‘decoro’. Norme che sono in contrasto con la normativa vigente.

In ogni caso, QUESTA LA SENTENZA DI APPELLO al TAR.

AVVOCATI: LA RIFORMA. Anche per gli avvocati il tema della pubblicità è fonte di contrasti, e anche procedimenti disciplinari. E anche per loro, è in atto una profonda riforma delle norme che regolano la professione con una radicale liberalizzazione della pubblicità. In QUESTO ARTICOLO di Altalex viene approfondito il tema, ma quello che a me risulta di particolare importanza è che – per quanto libera – la pubblicità di un avvocato non può essere anonima, ma deve sempre contenere i riferimenti del professionista. Il tema del ‘decoro’ rimane, ma la sua importanza viene molto ridimensionata. Infine, il prezzo resta un tema sensibile.

CONCLUSIONI. La linea di sviluppo della normativa è chiara come raramente avviene in Italia: la pubblicità per i professionisti sarà sempre meno soggetta a vincoli, e già oggi per un professionista – compresi gli psicologi – che intenda fare pubblicità alla propria attività, le restrizioni sono davvero limitate.

Credo si tratti di un passaggio necessario, e se preso per il verso giusto anche utile: come professionisti, saremo sempre più responsabili di noi stessi, e la riduzione delle restrizioni deve essere solo l’anticamera di un modo più attento e chiaro del nostro modo di presentarci ai cittadini.

Pubblicità ‘libera’ non significa però ‘selvaggia’: c’è un rischio per l’intera categoria che può derivare da professionisti che usano forme di pubblicità improprie, eccessive e di cattivo gusto, oppure troppo focalizzate sull’abbassamento del prezzo, via facile ma fallimentare se adottata senza un ragionamento strategico complessivo.

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