La mannaia del Codice degli Appalti

Il codice degli Appalti si applica anche alle casse di previdenza: una norma da cui non c’è scampo e che presenta luci ed ombre.

LA NORMA

O per meglio dire, le norme. Perché in Italia per capire bene cosa si deve fare, occorre fare archeologia giuridica, inseguendo i rimandi dei rimandi dei vari decreti fino a mettere insieme un quadro comprensibile. Ed ecco che ci troviamo come Alice nello specchio, ad inseguire il Bianconiglio delle norme sugli appalti, per capire da dove arriva l’obbligo:

Tutto parte dall’articolo 32 comma 12, del decreto-legge n.98 del 6 luglio 2011 [convertito dalla legge 15 luglio 2011, n. 111], che dice:

12. All’articolo 1, comma 10-ter del decreto-legge 23 ottobre 2008, n. 162, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2008, n. 201, e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: “La condizione prevista dal periodo precedente deve intendersi non realizzata nel caso di contribuzione obbligatoria prevista per legge a carico degli iscritti delle associazioni o fondazioni.”

Questo articolo modifica dunque un decreto-legge precedente, il n.162 del 23 Ottobre 2008 [convertito dalla legge 22 dicembre 2008, n. 201], all’articolo 1 comma 10-ter, aggiungendovi questo pezzetto di testo:

‘La condizione prevista dal periodo precedente deve intendersi non realizzata nel caso di contribuzione obbligatoria prevista per legge a carico degli iscritti delle associazioni o fondazioni.’

E così la versione finale è questa:

10-ter. Ai fini della applicazione della disciplina di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n.163, non rientrano negli elenchi degli organismi e delle categorie di organismi di diritto pubblico gli enti di cui al decreto legislativo 17 maggio 1999, n. 153, e gli enti trasformati in associazioni o in fondazioni, sotto la condizione di non usufruire di finanziamenti pubblici o altri ausili pubblici di carattere finanziario, di cui all’articolo 1 del decreto legislativo 30 giugno 1994, n.509, e di cui al decreto legislativo 10 febbraio 1996, n.103, fatte salve le misure di pubblicita’ sugli appalti di lavori, servizi e forniture. La condizione prevista dal periodo precedente deve intendersi non realizzata nel caso di contribuzione obbligatoria prevista per legge a carico degli iscritti delle associazioni o fondazioni.

In pratica, è ufficiale: enti e fondazioni che ricevono contribuzioni obbligatorie previste dalla legge – quindi gli enti di previdenza privati dei liberi professionisti – rientrano nell’elenco delle amministrazioni soggette al decreto legislativo 163/2006.

Tutto parte da molto prima, naturalmente: da una posizione presa dall’Authority sugli appalti pubblici, ampiamente contestata dall’Adepp e da molte casse di previdenza, che continuano a mantenere fieramente – e inutilmente – il baluardo della natura privata. Diversi sono i contributi, ne cito due rappresentativi: un articolo di Vitaliano D’Angerio dal Sole24Ore, e un intervento di Andrea Camporese sulla ferma opposizione dell’Adepp e delle singole casse. Ma tutto sembra orientare per un’inclusione definitiva delle casse nella normativa, e così la maggior parte delle grandi casse si sta attrezzando p si è giò attrezzata.

ECCOLO, IL FAMIGERATO CODICE DEGLI APPALTI

Un mostro giuridico, una normativa fra le più complesse in Italia, soggetta a tali e tante modifiche nel corso del tempo da aver richiesto la creazione di una Authority apposita, alimentato un mercato di pubblicazioni con software in continuo aggiornamento, creato una nuova specializzazione fra gli avvocati.

Ecco, il Codice degli Appalti non è qualcosa che applichi facilmente e tutto finisce lì. Si tratta di un complesso di indicazioni che ha messo a dura prova le amministrazioni pubbliche e ora metterà a dura prova le casse private.

PRO

Il Codice degli Appalti aggiunge un certo margine di controllo e ordine negli acquisti. Specialmente negli enti di previdenza, che gestiscono enormi patrimoni sia mobiliari che immobiliari, l’affidamento di lavori anche edili è un tema che assorbe molto denaro. Dato che questo denaro proviene dai contributi obbligatori degli iscritti, e dovrebbe generare pensioni, un ulteriore livello di controllo non può che essere positivo.

Con l’applicazione di questa normativa ci sarà maggiore omogeneità e certezza normativa, laddove il panorama delle casse di previdenza è stato finora vario e variegato in materia di acquisti e affidamenti, lasciando anche un margine di discrezionalità che è il terreno ideale per la crescita di illeciti, corruzione e distrazione di fondi pubblici.

CONTRO

Dalla teoria alla pratica passa il mare: il Codice degli Appalti non è uno strumento in gradi di cancellare la corruzione. La sua struttura cervellotica, inestricabile, soggetta a continue interpretazioni e modifiche, lo rende a mio avviso incapace di svolgere adeguatamente la sua funzione di ordine e certezza normativa. Dentro al Codice degli Appalti si trova il mondo, basta dare un’occhiata al sito dell’Authority di Vigilanza per capire che una tale disciplina può dare adito a svariati percorsi possibili.

La complessità del Codice degli Appalti avrà un impatto negativo sulle casse più piccole. Se le grandi casse, come ENPAM, INPGI o Cassa Forense, con la loro dotazione strutturale, la loro ampia esperienza di gestione di acquisti e di patrimoni, e i loro uffici legali interni, riusciranno a venirne a capo. Ma le piccole casse del 103/96, fra cui l’ENPAP, con dotazioni fra 20 e 50 dipendenti e organizzazioni molto snelle e focalizzate su assistenza e previdenza, difficilmente riusciranno ad applicare al meglio il codice degli appalti. E in ogni caso, al prezzo di un aumento dei costi di gestione che toglierà fondi all’assistenza.

Il Codice degli Appalti presenta diversi difetti strutturali. Altri ben più autorevoli di me hanno ampiamente dibattuto (1) sulla reale efficacia del codice per ridurre la corruzione e gli affidamenti impropri nella prassi operativa di tutti i giorni (2) sul problema strutturale di sottrarre agli organi apicali di ammininistrazione il potere di scelta di società, consulenti e fornitori, affidandoli a commissioni formate da funzionari dipendenti (3) sulla reale natura delle deviazioni di fondi pubblici e sul loro impiego in modo non trasparente, che nasce da una mentalità e da un tessuto culturale ed economico che non potrà essere certamente modificato per via legislativa (4) e infine sulla reale possibilità che – a fronte di una legge – i controlli siano davvero efficaci. In questo, ci si affida probabilmente al meccanismo di autoregolazione delle imprese private e degli enti pubblici, che sapendo di essere all’interno del Codice Appalti ricorreranno ai contenziosi in caso di affidamenti dubbi (5) aumentando quindi il carico di contenziosi, già elevatissimo, con tempi lunghi e incertezza di risultato.

Insomma, tutto in divenire e non privo di ombre, questo nuovo aggravio sulle casse dei liberi professionisti.