Il setting ai tempi di Groupon

Il setting ai tempi di Groupon

Lo confesso: ci giravo attorno da un po’, all’idea di provare Groupon: quali effetti avrà sul setting?

Sono naturalmente curioso e tendo ad verificare in prima persona i luoghi comuni che si formano attorno a cose particolari. Da qui l’idea di saggiare direttamente il mondo di Groupon, questo controverso strumento di pubblicità. Che persone potrebbero arrivare ad uno psicologo, attraverso Groupon? quali modificazioni del setting verranno attivate? che effetto potrà avere sul rapporto professionale? e quante conversioni in relazioni terapeutiche/consulenziali durevoli possono nascere, sulla via di Groupon? E poi, più prosaicamente: funziona per promuovere l’attività? il costo in termini di tempo dedicato alle offerte genera un riscontro economico a lungo termine?

PUBBLICITA’, NON LAVORO.

Occorre sgombrare il campo da un fraintendimento che vedo essere molto comune: Groupon non è un modo per vendere prestazioni psicologiche, anche perché il riscontro economico delle sedute ‘vendute’ su Groupon è nullo, copre a malapena le spese.

Groupon è solo ed esclusivamente un canale pubblicitario, non è un lavoro. Inteso in questa prospettiva, il sito diventa una vetrina molto conosciuta e capillarmente diffusa attraverso cui far conoscere la propria attività professionale. Il vantaggio più immediato, rispetto ad altre forme di annuncio pubblicitario, è che c’è meno concorrenza di altri annunci. Avete mai provato a digitare la parola ‘psicologo’ associata al nome della vostra città su Google? vi verranno restituiti decine di risultati, e banner pubblicitari. Il navigante interessato a cercare uno psicologo si troverà nello stesso imbarazzo di chi deve comprare un etto di prosciutto al supermercato, e si trova di fronte a una decina di qualità e marchi diversi: sceglierà pressapoco a caso, oppure sulla base del prezzo e perché attirato dal claim dell’annuncio, oppure si aprirà uno ad uno i vari risultati. La scelta eventuale di acquisto sarà più o meno affidata a fattori casuali.

Il paragone con il prosciutto non piace? eppure, aprendo una pagina su Google con la parola chiave ‘psicologo’ la sensazione è quella: moltissimi professionisti esposti. Digitando la tanto cara parola ‘benessere’ è peggio ancora, finiamo in mezzo al mucchio delle cerette e dei massaggi orientali.

E spesso con annunci generici non vi sarà alcuna scelta di acquisto: Google disorienterebbe anche il paziente più motivato, a causa di un affollamento incredibile di offerte. Dal lato del professionista, che paga gli annunci in base ai click dei naviganti, si genera una spesa che non ha necessariamente riscontro con una visita al sito personale, e molto indirettamente e raramente porta ad un appuntamento.

Groupon è invece focalizzato: gli annunci di una stessa tipologia sono presenti uno per volta per alcuni giorni, e vengono diffusi con newsletter. Per quei giorni, l’offerta sarà l’unica di quel tipo ad essere visualizzata. Inoltre, il professionista non sta acquistando dei click sull’annuncio, ma dei contatti reali con i clienti: quando si arriva a pagare – con tempo e non con denaro – il proprio annuncio, si ha una persona in studio. Sappiamo per esperienza di tutti, che uno dei principali canali di invio è il passaparola, oppure la fidelizzazione. In entrambi i casi, il contatto reale con la persona (se gestito bene, ovviamente) è un mezzo privilegiato di stimolo per invii di conoscenti o per ulteriori appuntamenti, anche a distanza di tempo.

Quindi, in sintesi: Groupon è pubblicità e non lavoro, è un tipo di pubblicità molto focalizzato, costa tempo e non denaro, e la scommessa è che i contatti reali generati si traducano in (1) invii di conoscenti (2) fidelizzazione. Scommesse, appunto: perché non è assolutamente scontato che tutto questo avvenga: Groupon non è il paese delle meraviglie.

IL DECORO E LE TARIFFE.

Due temi che si pongono, perché su Groupon di vende di tutto, dalle creme ai massaggi, dalle ecografie agli iPhone alle cene al ristorante. E quindi ci si trova in una specie di bazar, che è fatto bene ma resta comunque un luogo eterogeneo. E si vende un ‘assaggio’ dei prodotti o dei servizi a tariffa ultrascontata.

Il tema del decoro si è posto per i medici prima che per noi, qualche tempo fa: un odontoiatra venne sanzionato dall’Ordine Medici per un annuncio su Groupon. Ne seguirono ricorsi, segnalazioni, un vivace dibattito, ma alla fine la vicenda si concluse in modo inaspettato per un paese conservatore come l’Italia in fatto di professioni: una multa da 800.000 euro all’Ordine Medici da parte dell’Autorità per la Concorrenza, perché il decoro non può essere più considerato un principio su cui limitare la libera pubblicità dei professionisti. Ne ho parlato IN QUESTO ARTICOLO.

Non vi è comunque dubbio alcuno: dal 2005 in poi (Decreto Bersani e seguenti) la pubblicità dei professionisti è libera e il decoro non può essere criterio di limitazione. Al punto che molti codici deontologici sono stati o dovranno essere rivisti togliendo il termine ‘decoro’. Ovviamente, non è una scelta puramente italiana: il corso della normativa europea in materia di professioni ha chiaramente orientato tutti i paesi membri in questa direzione per favorire la concorrenza e il libero mercato.

Per le tariffe, identico discorso: non sono più legittimi i minimi tariffari dal 2005, e ogni tentativo di rimetterle in pista (ad esempio, chiamandole ‘parametri’ e non ‘tariffe minime’) si è infranto contro il duro scoglio della liberalizzazione.

Volenti o nolenti, queste sono le logiche e il contesto normativo in cui ci si muove. Ne abbiamo beneficiato tutti nell’acquisto di beni e servizi, ma come professionisti ancora resistiamo all’idea che lo stesso schema si possa applicare anche a noi. Ma questa modificazione di contesto è inevitabile e a mio avviso deve far parte di una rielaborazione del nostro modo di concepire noi stessi e la nostra professione. In altre parole, tocca a noi trovare la maniera di gestire il contesto normativo e in generale le mutazioni del mondo che ci circonda, e non viceversa.

Quale impatto possa avere la strategia di ribasso dei prezzi – che comunque inevitabilmente viene attuata dagli operatori economici un un contesto fortemente affollato come quello degli psicologi – resta un tema aperto. Ma non si pone grazie a Groupon, anzi: l’abitudine a tirare al ribasso è abbondantemente rappresentata fra gli psicologi con primi, secondi e terzi colloqui gratuiti, con sportelli gratuiti di ogni ordine e grado, con varie forme di ‘psicologia sostenibile’ a cui manca il presupposto della vera ‘psicologia sostenibile’ – la situazione di indigenza del beneficiario – e infine il ribasso ordinario delle tariffe fino a 25-30 euro a colloquio che ultimamente vedo applicare.

Groupon in questo senso si pone in un modo specifico: non vendendo prestazioni scontate in modo continuativo, ma circoscrivendole ad un’offerta limitata nel tempo e nella tipologia, in teoria si veicola un messaggio abbastanza chiaro di ‘sconto occasionale e circoscritto con finalità pubblicitarie’. Ma anche qui, la teoria va verificata sul campo: quanti clienti Groupon comprenderanno la distinzione? è questa una delle cose che intendo verificare.

L’OFFERTA E IL SETTING.

Questo è un altro tema critico: un annuncio di Groupon implica che il professionista metta a disposizione dei clienti delle prestazioni.

Io mi sono trovato di fronte a questo problema la prima volta che ho contattato Groupon: la loro richiesta era di offrire psicoterapia ad adulti e bambini, per almeno 45 minuti a seduta e fino a 7 sedute, senza limiti di numero di adesioni. La considerai una cosa incompatibile con i miei obiettivi: non avevo affatto intenzione di vendere prestazioni complete e specialistiche – tantomeno a bambini – indifferenziate rispetto alla mia ordinaria attività. Volevo proporre un’offerta dedicata, limitata nel tempo, specifica.

Nel tempo ho poi seguito da lontano Groupon con l’interesse specificamente rivolto a prestazioni professionali sanitarie: avevo l’obiettivo di capire come sarebbe stata la loro evoluzione.

Oggi i medici si pubblicizzano su Groupon con grande frequenza: dalle ecografie al check-up cardiologico, dalle ablazioni del tartaro ai trattamenti con laser. In tutti i casi che ho visto, gli annunci offrono prestazioni che sono evidentemente di tipo limitato e finalizzate a far conoscere la struttura o il professionista.

Quando sono stato contattato da loro, due anni dopo, ho immediatamente posto sul piatto queste considerazioni, e dato le mie condizioni: incontri di 30 minuti, al massimo 5, in numero limitato, solo in certi orari, e di generica consulenza ad adulti o coppie. Escludendo quindi psicoterapia, incontri di durata ordinaria, prestazioni delicate.

Questo modo di approcciare dovrebbe rappresentare, nelle mie intenzioni, una chiara comunicazione a chi vorrà acquistare il coupon: non prestazioni intere, ma un ‘campioncino’. Ma la ricaduta effettiva di questa strategia sul risultato andrà verificata nel tempo, quando vedrò le prime persone arrivate attraverso Groupon e capirò cosa si aspettano.

ASPETTATIVE E ACCOGLIENZA.

Chi saranno le persone che arriveranno in studio tramite Groupon? ancora non lo so. Ho voluto scrivere questo articolo prima di prendere appuntamenti, per fissare le mie aspettative ed impressioni prima che vengano modificate.

Ad oggi, mi approccio alle persone che arriveranno con animo aperto: penso che qualunque sia il canale con cui le persona arrivano da noi, sia comunque il segnale che dentro di loro esiste una domanda ed esiste il pensiero che uno psicologo può aiutare a rispondervi.

Non mi aspetto assolutamente persone sprovvedute, anzi: mi aspetto persone ben orientate, con idee chiare su quello che cercano. Temo però un approccio ‘di consumo’ e una scarsa propensione a convertire in relazione durevole e a tariffa piena il contatto su Groupon. Mi aspetto però di lasciare una traccia, perché nella mia esperienza di ormai 12 anni di attività privata questo è sempre successo: che a distanza anche di tempo, le persone ritornassero o mandassero qualche conoscente. Persone viste magari una sola volta, che mi avevano dato l’impressione di un ‘aggancio’ labile, e in cui invece era rimasto un ricordo.

LE REAZIONI DEI COLLEGHI.

Non me lo aspettavo: alcune colleghe mi hanno contattato dopo aver visto la mia offerta su Groupon, per esprimermi le loro rimostranze. Non mi era mai capitato che dei colleghi si sentissero serenamente autorizzati a esprimere critiche aperte sulle mie scelte professionali senza alcun filtro, o richiesta di spiegazioni preliminare.

Mi è apparso subito chiaro che Groupon rappresenta ancora – per ragioni più o meno valide e più o meno chiare – uno strumento di pubblicità controverso. Che viene scambiato per ‘vendita di servizi a basso prezzo’, su cui si fa un discorso di tariffe o decoro.

Tutto valido e comprensibile. Ma temo che un approccio eccessivamente pregiudiziale ai nuovi strumenti pubblicitari come Groupon sia inutile: questi strumenti esistono e ne esisteranno sempre di nuovi, la normativa evolve nella direzione di una sempre maggiore libertà di pubblicità e pensare di restare ancorati ad un concetto di professione inattuale rischia di farci cadere fuori dal contesto di un mondo e di un mercato in evoluzione.

Solo fino a qualche anno fa sarebbe stato impensabile avere un sito web, o prendere appuntamenti via mail o fare consulti su Skype. Oggi, ci si confronta con tutto questo e si cerca di elaborare una visione del setting e della professione che ne tengano conto. Groupon non ha nulla di speciale, o di diverso.

Ma soprattutto, non credo che le persone che arrivano da Groupon abbiano nulla di speciale, o di diverso rispetto a quelle che arrivano da altri canali di invio. Sono persone che portano una domanda, e per quanto ad ora io non sappia che tipo di domanda o aspettativa porteranno, so come intendo approcciarmi io: partendo dal presupposto che qualunque sia il modo con cui una persona arriva da me, ha sicuramente superato resistenze e sta vivendo una situazione di sofferenza che ritengo sia mio dovere accogliere. Un’accoglienza che non può prescindere dalla chiarezza del contesto in cui avviene – un’offerta Groupon ‘di assaggio’ – ma che non ritengo utile ‘escludere alla fonte’.

Detto questo, rimando ad un prossimo articolo il racconto di come è andata.