Rischio finanziario negli enti previdenziali

Rischio e investimento. Se lo facciamo con i nostri soldi, l’investimento dell’anno che ci può rendere una fortuna dimostra coraggio, freddezza, conoscenza del mercato. Capacità di assumersi dei rischi, e di perdere. Se lo facciamo con il denaro degli altri, il patto iniziale deve essere saldo, e così pure la valutazione del rischio e l’informazione al proprietario del denaro. Se siamo una cassa previdenziale, il discorso cambia radicalmente.

Gli enti previdenziali non devono puntare a guadagnare il massimo: la finanza non fa previdenza. L’investimento finanziario è solo un mezzo per raggiungere l’obiettivo primario di rivalutare i montanti individuali fino al limite contrattuale stabilito, o alle indicazioni del legislatore. Il flusso di rendimento degli investimenti dovrebbe idealmente essere costante, e garantire il minimo necessario a coprire le prestazioni da erogare.

In Italia, è lo stato a stabilire anno per anno quanto devono rendere gli investimenti delle casse di previdenza, attraverso il calcolo della media quinquennale dell’incremento del PIL dei cinque anni precedenti. Ad una crescita più bassa del paese, corrisponde un abbassamento dell’asticella.

Il metodo più sicuro per ottenere un flusso di rendimenti costante è la diversificazione degli investimenti. Tradizionalmente, le casse previdenziali italiane adottano un asset allocation che prevede una maggioranza di obbligazioni (spesso in titoli di stato), una parte minoritaria di azioni (azioni e prodotti che fanno riferimento ad indici azionari) e una parte in immobili (direttamente gestiti oppure in fondi immobiliari).

L’esperienza dei paesi del Nord Europa, con una tradizione maggiore nella previdenza primaria e complementare (i fondi complementari, che servono ad integrare la pensione di base, sono obbligatori da decenni in molti di questi paesi), evidenzia un’asset allocation con una prevalenza di azioni, fino ad oltre il 50% del patrimonio. Infatti, storicamente l’investimento ben diversificato in un portafoglio azionario permette rendimenti impossibili da raggiungere sia con le obbligazioni che con gli immobili.

In linea molto generale, i prodotti su base immobiliare e gli immobili sono anticiclici rispetto al mercato finanziario, e quindi tendono a mantenere valore e rendimento mentre il mercato di azioni e obbligazioni attraversa fasi di perdita.

La diversificazione non significa soltanto acquistare prodotti nelle tre grandi categorie tradizionali di investimento. Infatti, anche all’interno delle tre categorie, occorre diversificare il rischio attraverso l’investimento in prodotti diversificati fra loro: l’obbligazionario andrebbe bilanciato con titoli provenienti da diverse aree geografiche, da diversi emittenti e con riferimento a diversi settori merceologici, e a maggior ragione questo vale per azioni e titoli azionari.

Nel settore immobiliare, la diversificazione è possibile attraverso l’acquisto di immobili di natura e destinazione diversa, tenendo conto del diverso grado di solvibilità degli inquilini (è banale, ma i loro pagamenti rappresentano il rendimento di queste forme di investimento). Il grado di solvibilità degli inquilini, la loro quantità (per diminuire il rischio che l’insolvenza di un singolo comprometta buona parte del rendimento), e la loro tipologia (diverse categorie di attività e privati hanno diverso rischio di insolvenza), sono fattori direttamente connessi al rendimento.